La visione spinoziana e paracelsiana del mondo, in cui rientrano tanto alchimia che ermetismo, dette luogo nell'ultimo scorcio del Settecento a un progetto umanistico in cui uomo e natura riuscivano ancora - forse per l'ultima volta – a riconoscersi come riflessi inversi e speculari l'uno dell'altra.
Nell'ordo inversus della filosofia di Novalis sussiste una simpatia tra segno e designato in cui si manifesta la natura magica del linguaggio: la legge che la governa è l'analogia, per cui la struttura più profonda della materia e la Sprachmagie poetica si rivelano consustanziali.
In questo testo ripercorreremo le vie carsiche attraverso le quali il progetto alchemico giunge fino a inizio Ottocento, per depositarsi nella scrittura ironica di Heine che con romanticismo e germanesimo ebbe un rapporto profondo e ambivalente.
Allo scritto Die Elementargeister, di cui presentiamo una nuova traduzione, Heinrich Heine (Düsseldorf 1797 - Parigi 1856) lavorò tra il 1834 e il 1837. Si trovava all'epoca già a Parigi, dove sarebbe rimasto tranne brevi intervalli fino alla morte.
Il libro alterna parti compilative a traduzioni o pseudotraduzioni di Volkslieder attinenti alla mitologia nordica; il patrimonio fiabesco a cui attinge è quello che andavano raccogliendo i Grimm, ma anche leggende celtiche che mostrano una singolare affinità con il patrimonio popolare sassone e renano.
Il paesaggio culturale della Harz, con le sue miniere e gole montuose, con il Brocken, sulla cui cima il Diavolo e le streghe si davano convegno, era ben noto a Heine per averlo percorso anche a piedi nel suo viaggio da Düsseldorf alla città universitaria di Göttingen.
La fonte principale degli Elemen targeister resta tuttavia Paracelso, che (...)
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